“(…) il vero architetto (…) dovrà possedere doti intellettuali e attitudine all’apprendere, perché né il talento naturale senza preparazione scientifica, né la preparazione scientifica senza il talento naturale possono fare il perfetto artefice.
Sia perciò competente nel campo delle lettere e soprattutto della storia, abile nel disegno e buon matematico; curi la sua preparazione filosofica e musicale; non ignori la medicina, conosca la giurisprudenza e le leggi che regolano i moti degli astri” (De Architectura, Vitruvio).
Probabilmente Palazzo Barazzoni, prima opera residenziale del progettista, rappresenta come
questo sia davvero possibile. Questo edificio ultimato nel 1926 è l’espressione più alta della capacità di controllo del progetto dimostrata da Gianni Mantero agli inizi della sua carriera.
Chiamato Barazzoni, poi Taroni e ancora Moretti, rappresenta appieno lo stile decorativo che contraddistinse Gianni in tutta la sua carriera, nonostante l’abbraccio al Razionalismo e all’architettura funzionalista degli anni successivi.
Si tratta infatti di un palazzo nel quale ogni singola componente è progettata, ideata e disegnata fino a lasciare disarmati per la totale precisione del dettaglio. Non solo quindi il tema urbano dell’angolo di un isolato – che Gianni affronterà in più occasioni, come per il Palazzo Mantovani progettato due anni dopo
condominio San Rocco degli anni Sessanta – non solo gli aspetti distributivi degli alloggi di grande pregio, bensì la decorazione che qui trova uno spazio infinito. Scale, parapetti, cancelli, soffitti, portali, maniglie, camini, finestre, come del resto le decorazioni dipinte nei vani interni, vengono approfonditi nei disegni in modo quasi maniacale che sfocia in un risultato pittorico di rara bellezza. La stessa scelta dei
materiali come il travertino delle Serre di Siena, utilizzata per la zoccolatura del fabbricato che investe tutto il piano rialzato, o lo scalone d’ingresso in marmo di Musso, testimoniano il desiderio di offrire a questo palazzo tutto quanto era possibile utilizzare all’epoca per offrire il pregio richiesto. Ogni singolo disegno redatto per il progetto risulta un’opera d’arte a sé stante.
Si vedano ad esempio i disegni relativi ai soffitti a cassettoni in legno, che sembrano quasi “vivi”, o il parapetto della scala in cui il disegno del ferro battuto sembra quasi “istruire” il fabbro che lo dovrà eseguire, richiamandolo a una perfetta esecuzione. Anche gli alloggi, nella loro distribuzione e divisione, ma anche nella cura del dettaglio fi ne ed elegante, come in altri progetti e realizzazioni dell’ingegnere, sono di altissimo livello qualitativo, soprattutto in relazione all’epoca in cui è stato edificato. Il Palazzo Barazzoni, ritornando alla citazione vitruviana iniziale, insieme ad altri progetti più o meno coevi, come la sede della Canottieri Lario (1931), dimostra l’alta capacità di Gianni Mantero di saper progettare coerentemente edifici neoclassici e moderni, denotando una certa sensibilità nei confronti dell’evolversi degli stili di inizio secolo scorso. In tutto e per tutto questo progetto rappresenta difatti il testamento culturale di una personalità in contatto con il mondo delle arti internazionali e dei colleghi d’Oltralpe, oltre che essere un esecutivo di altissimo livello che rivela la capacità di rispondere alle richieste della committenza interpretandole magistralmente, indipendentemente dallo “stile” che essa richiedeva al progettista.
L’Ing. Mantero qui insegna quanto il Movimento Moderno e il Razionalismo mediterraneo, quindi comasco, che succederanno questo edificio e il Palazzo Mantovani, siano l’evoluzione di scelte attinte dal mondo classico, affondando radici sugli storici mutamenti delle tipologie urbane e quindi della città. Al variare delle “liturgie” o delle “tragedie episodiche”, come disse Aristotele per identifi care i contenuti degli eventi, variano infatti gli assetti spaziali tipologici della Città e dell’Architettura. Non a caso il Palazzo Barazzoni ha un che di monumentale trovandosi di fatto sul sedime della Porta Sala, uno degli ingressi alla città murata di fondazione romana, quasi a voler restituire al luogo un elemento di forte significato.
Per questo palazzo, come per la maggior parte dei progetti – tra i quali la Canottieri Lario, lo Stadio e il Park Hotel Meublé –, l’impiantistica idraulica e illuminotecnica fu realizzata dalla allora Ditta Fratelli Turba, storica azienda che opera sul territorio comasco dalla fine del 1800.