Il contesto urbano in cui si inserì nel 1929 il Palazzo Mantovani è parte della zona monumentale della città di Como sviluppatasi a partire dall’area portuale lungo le vie Plinio e Vittorio Emanuele sino alla via Perti con l’intervento conclusivo dell’ex Banca di Sconto e più specificatamente quella compresa tra la via Bianchi Giovini e la Cattedrale. Tale ambito ha subito nel tempo profonde trasformazioni che hanno comportato un ridisegno dei luoghi motivato dall’insediamento degli edifici religiosi (la Cattedrale, S. Giacomo, il Vesco vado), civili (il Broletto), terziari e residenziali (il Portici Plinio, la Banca Commerciale, gli edifici di via Bianchi Giovini e via Plinio) andando a sostituire con i nuovi allineamenti l’impianto urbano di origine medioevale. Si è arrivati persino, tra l’altro, a demolire par te delle navate della chiesa di S. Giacomo per la prevalenza della Cattedrale e ampia parte dei quartieri residenziali per realizzare un col legamento diretto tra il porto e la piazza del Duomo. La successione degli interventi iniziò nel 1852-1857 con il palazzo Plinio, proseguì nel 1890 con le ristrutturazioni degli edifici contigui al Vescovado e nel 1924 con la costruzione della Banca Commerciale. L’ultimo intervento ha riguardato la costruzione del pa lazzo Mantovani del 1929 con l’abbattimento dell’ultimo edificio residenziale delimitando definitivamente lo spazio fisico tra il Palazzo Vescovile e il Duomo. Il “Palazzo Mantovani”, così come chiamato nel libro “Gianni Mantero ingegnere” pubblicato nel 1933 dalla casa editrice Hermes di Merano, fu costruito negli anni 1928-1929, pochi anni dopo il Palazzo Barazzoni (1925-1926) di via Garibaldi dal quale riprende l’idea come distinzione delle diverse funzioni previste, commerciali e terziarie a piano terra, residenziali ai piani superiori, costituito da una fascia marcapiano comprensiva di ampie balconate che nel Palazzo Mantovani sono diventate un unicum continuo. Diverso è l’impianto tipologico per la parte commerciale realizzata su due piani che si confronta invece con l’edificio fronteggiante dei Portici Plinio dotato anch’esso di piano terra ed ammezzato. Si differenzia in parte per una felice interpretazione del passaggio porticato “interno” che risulta diaframmato verso la strada, tra pilastro e pilastro, da vetrine con doppio affaccio. Le parti superiori, corrispondenti alle unità residenziali disposte su tre piani rappresentano un ulteriore approfondimento, dal punto di vista stilistico tardo-neoclassico, rispetto al Palazzo Barazzoni, derivante anzitutto dalla partizione dei primi due piani rispetto al terzo delimitato da un importante cornicione sostenuto da paraste e dai particolari timpani delle finestre centrali dei rispettivi prospetti, alleggerendo invece gli elementi decorativi nell’ultimo piano dove si evidenzia come fatto conclusivo l’importante gronda della copertura. L’evoluzione più significativa riguarda però le soluzioni strutturali adottate per i piani commerciali, costituite da soli pilastri che terminano mettendo in evidenza il segno della presenza delle mensole a sostegno dell’aggetto dell’ininterrotta balconata che accentua in
modo ancora più espressivo la distinzione tra le diverse destinazioni funzionali. Le chiusure sia sulla via Plinio che sulla via Macchi sono semplicemente costituite da cristalli con con torni metallici, interrotte unicamente dagli spazi per gli accessi al porticato. Le particolari e incisive decorazioni interessano invece le parti luminose sulla via Plinio, i coronamenti del le vetrine, la controsoffittatura e il pavimento del portico e le stesse pavimentazioni interne degli spazi commerciali. La novità dei caratteri delle insegne costituisce, però, una dissonanza interessante per la sua essenzialità rispetto al graficismo delle decorazioni sopra citate.