Lo spirito della città e la sua identità più profonda non possono essere descritti senza considerare il legame con la matrice razionalista che li anima. Gli elementi di riconoscibilità urbana e il carattere sociale che marcano il territorio sono strettamente connessi alla forte impronta di uno stile che ha segnato la storia dell’architettura. Nei primi decenni del Novecento si è concentrata a Como un’energia creativa che ha visto nelle figure di Gianni e di Enrico Mantero grandi protagonisti dell’architettura italiana. Le opere, i progetti e gli studi dei Mantero hanno segnato la città mantenendo il rapporto con le visioni di Terragni nel rispetto della vocazione cittadina. Sulla base dell’esperienza storica che ha trasmesso il loro contributo, oggi la cultura architettonica si può confrontare con una realtà aperta e dinamica, forte di una nuova consapevolezza dei problemi che riguardano anche la società delle piccole città italiane, analizzate con strumenti e risorse fino a oggi sconosciuti. I temi della crescita economica, le problematiche ambientali, la riconversione industriale e sociale sono tematiche sempre correlate alla progettazione degli spazi abitativi privati e dei luoghi pubblici, in una valutazione di soluzioni operative che senza perdere di vista le esigenze globali si possono applicare anche su scala locale. E se è vero che il mondo si sta sempre più riconoscendo nelle città, le quali a loro volta sono entrate in un continuum di urbanizzazione che invade tutto il territorio, i loro centri sono rappresentati dall’addensarsi in luoghi, più o meno simbolici, di funzioni pregiate. Per certi aspetti l’esperienza comasca dei protagonisti della mostra è profondamente analitica, indagatrice della radice del vero, espressa in una ricerca profonda e minuziosa. Il lavoro dei Mantero fa vincere una delle sfide più impegnative della contemporaneità, quella di riuscire a trasmettere simboli e valori attraverso le architetture. Molta letteratura sul tema afferma la correlazione, che molto spesso è una sovrapposizione, tra identità e cultura: la cultura, difatti, non si afferma solo nel singolo monumento, o nell’opera d’arte celeberrima, neanche nel prestigioso museo o nell’edificio di chiara fama, ma guarda oltre. L’attualità della mostra di Como su Gianni ed Enrico Mantero riguarda anche l’idea di città che racchiude in sé un potenziale immenso di produzione culturale che apre l’immaginario verso uno scenario dove il valore dello spazio si trasforma in industria, generatrice di ricchezza economica oltre che culturale e identitaria. L’aspettativa sempre attuale per Como è che il richiamo alla sua nobile storia possa portare verso un’ottica di produzione culturale dove la creatività diventi lo strumento necessario per favorire la creazione di nuovi scenari di fruizione della cultura urbana. L’assessorato alla cultura, nel sostenere con decisione questa mostra, intende rafforzare il principio che porta a riconoscere la città come bene culturale complesso e insieme anche come sistema produttivo-culturale. Como, infatti, proprio sulla base degli insegnamenti razionalisti, potrebbe oggi essere in grado di cambiare la propria immagine attraverso un progetto strategico di valorizzazione della sua identità culturale, assumendo un altissimo potenziale comunicativo e di auto rappresentazione, in grado di trasformare una realtà industriale in declino in un alveo di creatività capace di trasmettere la propria identità contemporanea insieme alle origini storiche.

[SERGIO GADDI da MANTERO. CENTO ANNI DI ARCHITETTURA]